La musica rivestì un ruolo importante nella vita culturale e sociale di Roma. La sua nascita risentì profondamente degli influssi etruschi e italici e, in seguito alla conquista romana del mondo greco, in misura ancora maggiore, di quelli ellenici. Dai Greci i Romani ripresero alcuni strumenti musicali, con medesime funzioni ma nomi diversi, e in generale gli schemi, la grammatica e tutto il sistema teorico, trasmesso poi fino al medioevo cristiano. Rispetto alla semplice raffinatezza della musica greca, che utilizzava pochi strumenti per accompagnare il canto, la musica dei Romani fu certamente più vivace ed eseguita con strumenti di dimensioni maggiori e di suono più potente; questi erano a corda, a percussione e a fiato, principalmente quest’ultimi, spesso riuniti in orchestra ma con armonie generalmente unisone a sottolineare la specificità del loro utilizzo a seconda delle varie occasioni. A Roma la musica ebbe per lo più un carattere popolare anche se si distingueva tra una musica di consumo e una più colta, considerata quasi un distintivo sociale per le classi più elevate. Almeno inizialmente non rivestì un ruolo così importante nell’educazione del cittadino romano come in Grecia in cui, al contrario, si pensava potesse influire in senso positivo o negativo sul comportamento morale degli uomini e sui loro costumi. Dopo la conquista definitiva del mondo greco nel II sec. a.C., la musica occupò un posto di sempre maggiore rilievo nella vita pubblica e nei divertimenti del popolo romano. Affluirono in città un gran numero di cantanti, strumentisti e danzatori, provenienti dalla Siria e dall’Egitto oltre che dalla Grecia. L’attività musicale fu molto intensa durante gli ultimi decenni della Repubblica e crebbe nei primi due secoli dell’Impero. Numerosi musicisti, sia uomini che donne, trovarono posto presso le residenze delle famiglie patrizie e in un secondo momento furono gli stessi Romani a volersi cimentare in prima persona nell’esecuzione musicale. Anche la corte imperiale si interessò allo studio di questa forma d’arte e tra i più entusiasti cultori ci furono Caligola, Nerone, Adriano, Commodo, Eliogabalo e Alessandro Severo. In particolare Svetonio racconta della grande passione per la musica dell’imperatore Nerone che, allievo del citaredo greco Terpno, istituì nel 60 d.C. degli agoni musicali e partecipò egli stesso a competizioni citarodiche in Italia e in Grecia. Nella società i musicisti occupavano un posto importante e facevano pagare prezzi abbastanza alti sia per le lezioni private che per le esibizioni. Tutti questi aspetti si accentuarono durante la decadenza della civiltà romana e, vista l’associazione sempre più frequente della musica solo a riti pagani, a comportamenti sconvenienti e a spettacoli di sangue, i primi Padri della chiesa proibirono ai Cristiani di partecipare agli spettacoli. Solo con la proclamazione del cristianesimo come religione ufficiale dello stato da parte di Teodosio nel 391, cominciò a diffondersi verso folti gruppi di fedeli la musica cristiana che, nata sotto l’influenza di quella greca e romana già tra il I e il II sec. d.C., riuscì a sopravvivere ad esse dopo la caduta dell’Impero d’Occidente nel 476. Nel corso dei secoli, dunque, la musica conquistò progressivamente sempre più spazio, facendo da sottofondo a vari momenti della vita quotidiana.
C’era musica nelle cerimonie religiose, nei trionfi, negli spettacoli come la pantomima e i ludi gladiatori, nei cortei che precedevano questi ultimi e i giochi circensi ma anche nelle varie rappresentazioni teatrali, nella danza, nella poesia, nelle feste private, nei banchetti, nella caccia, nei funerali e nelle battaglie. Molte sono le testimonianze storiche e letterarie pervenuteci a riguardo ma nessun documento completo è rimasto che possa esserci utile per ricostruire i brani. Fortunatamente possediamo numerose raffigurazioni di strumenti musicali su sarcofagi, medaglie, mosaici e bassorilievi e alcuni di essi sono addirittura sopravvissuti. L’introduzione della musica come elemento integrante dello spettacolo fu una delle novità più rilevanti del teatro romano. Nella tragedia e nella commedia latina, ad esempio, sebbene il coro avesse importanza minore rispetto al teatro greco, parti cantate si alternavano alla recitazione e la tibia,strumento a fiato corrispondente al flauto greco, fornito di fori, fabbricato in canna, legno o avorio, ad ancia semplice o doppia, veniva ampiamente utilizzata per sostenere, accompagnare e talvolta introdurre il canto. La lunghezza e la modalità di esecuzione producevano un suono più grave o più acuto, adatto alle parti rispettivamente più serie o più allegre della rappresentazione. La diffusione della musica nel teatro produsse la convenzione per la quale il pubblico, prima dell’entrata del personaggio, poteva già intuire lo svolgersi degli avvenimenti e spesso il musico restava in scena per tutto il tempo della rappresentazione muovendosi insieme ai personaggi. Le melodie furono spesso d’accompagnamento anche alla danza. Gli strumenti atti a scandirne il ritmo erano soprattutto quelli a percussione come i crotala, realizzati in argilla, legno o avorio e corrispondenti alle moderne nacchere e il cymbalum, formato da due dischi di bronzo legati e battuti l’uno contro l’altro, di provenienza orientale e simile ai nostri piatti. C’erano inoltre il sistrum, formato da lamine metalliche che se agitate tintinnavano, utilizzato inizialmente dai sacerdoti appartenenti al culto di Iside che si diffuse a Roma soprattutto dopo la conquista dell’Egitto; il tympanum formato da un cerchio di legno o di bronzo sul quale veniva tesa una pelle di bue o di asino battuta ritmicamente con le mani e lo scabellum, usato in genere per dare il tempo ai danzatori e per annunciare la fine dello spettacolo. Era composto da due tavolette di legno sovrapposte e legate sotto al piede destro, nella faccia interna delle quali una castagnetta battuta con forza al piede produceva il suono. Negli spettacoli era generalmente difficile trovare donne dirette esecutrici di musica; non mancavano invece attestazioni di questo tipo in ambito privato e varie testimonianze iconografiche ci mostrano degli strumenti musicali come arpa, pandura, siringa, lira e cetra utilizzati anche da donne e interpretati come simbolo di vita raffinata e colta, nonché proprio di virtù femminili. L’harpa, di provenienza orientale secondo i Greci e i Romani, aveva una forma all’ incirca triangolare ed era dotata di corde di diversa lunghezza ma di uguale spessore. La pandura, suonata esclusivamente dalle donne, era composta da una cassa armonica emisferica e da un manico lungo e ricurvo alla cui estremità si trovavano i cavicchi ai quali erano fissati le corde. La siringa, la lira e la cetra erano utilizzati come accompagnamento anche negli spettacoli, in gare e declamazioni poetiche. La syrinx oflauto di Pan, vista l’origine associata al dio come ci raccontano Ovidio e Virgilio, era un piccolo strumento a fiato, progenitore dell’organo, costituito da una serie di canne di misura decrescente allineate nel senso della lunghezza, tenute insieme da cordoncini e otturate con della cera alle estremità inferiori; soffiandoci dentro ogni canna emetteva una nota della scala musicale. La lyra e lacithara furono gli strumenti prediletti dai Greci. Entrambe si componevano di una cassa armonica, di due bracci imitanti due corna attorte che partendo dalla cassa erano congiunti in alto da una traversa orizzontale e di un numero variabile di corde tese che venivano pizzicate con le dita della mano. Rispetto alla cetra, la cui cassa di risonanza era realizzata interamente in legno, il carattere primitivo della lira sopravvisse nell’uso di ricavarla da un guscio di tartaruga, come nella prima lira inventata da Hermes, e anche quando negli esemplari più tardi si usò il legno per costruire la cassa armonica, la forma e la concavità dell’originario guscio furono rigorosamente mantenute. Uno strumento molto diffuso a Roma fu l’organo. Il suo utilizzo fu notevole soprattutto durante l’età imperiale al punto che passò quasi unico fra gli strumenti antichi in retaggio al mondo cristiano e medievale. Si distingue l’organo a mantici o “pneumatico” dall’organo idraulico. Il primo, introdotto probabilmente nei primi anni dell’età imperiale, era più leggero, più facilmente trasportabile e l’aria compressa era spinta al suo interno grazie a dei mantici: famosa è la ricostruzione dell’Organo di Aquincum i cui resti furono rinvenuti nella cittadina ungherese nel 1931. Il secondo fu inventato intorno alla metà del III sec. a.C. da Ctesibio di Alessandria, uno degli ingegneri del Museo, che inserì nello strumento un sistema idraulico che permetteva all’aria compressa di assumere una pressione costante. Sua moglie Thais imparò a suonarlo tanto da diventare la prima organista della storia. Non sappiamo con esattezza quando questo strumento fu introdotto a Roma ma nella metà del I sec. d.C. il suo impiego fu frequentissimo sia nelle rappresentazioni teatrali che nei giochi del circo e dell’anfiteatro, e Svetonio ci informa che Nerone ne fu un grandissimo cultore. La musica, quindi, trovò posto anche nei giochi circensi, nei ludi gladiatori e nelle battaglie. Strumenti a percussione come i tamburi scandivano distintamente il ritmo nei momenti particolarmente intensi dello svolgimento delle gare. Prima delle corse o durante gli intervalli dei giochi, veniva suonato il cornu, strumento a fiato, di bronzo ma originariamente ricavato da un corno d’animale, composto da una canna cilindrica conica ripiegata a curva su se stessa munita al centro di una traversa che consentiva di suonare lo strumento appoggiandolo sulla spalla. Oltre che nei ludi era impiegato soprattutto in ambito militare, ma anche durante le cerimonie religiose, come i Baccanali, e nei funerali. Nei giochi il corno veniva suonato insieme all’organo, come risulta da diverse rappresentazioni musive. Altri strumenti usati a scopi militari, ad esempio per dare segnali alle truppe, incitarle al combattimento o accompagnare imponenti marce trionfali erano il lituus e la bucina. Il lituus, di origine etrusca era costituito da un tubo bronzeo lungo e sottile, pressoché cilindrico e terminante in una sorta di cono ripiegato all’indietro. La bucina, è forse lo strumento di uso militare più difficile da interpretare, definito ambiguamente dalle fonti letterarie e spesso confuso con il corno. Secondo studi recenti avrebbe una forma pressoché semicircolare e sarebbe distinto dal corno, oltre che per la mancanza della traversa, per il fatto di essere realizzato in corno bovino e non in bronzo. Un altro strumento a fiato a carattere spiccatamente militare era la tuba, una tromba dritta conica generalmente realizzata in bronzo, con bocchino separabile in corno, che emetteva un suono aspro e tremendo. Il suo uso anche in questo caso non si limitava alla sola sfera della guerra, dove veniva usata per dare i segnali di attacco, di incoraggiamento durante la battaglia e di ritirata, nonché per dare l’ordine di accamparsi ma era fondamentale anche durante i trionfi, le cerimonie religiose e rivestiva un ruolo importante nell’ambito dei ludi gladiatori, nei quali sanciva l’inizio del combattimento cruento. Rappresentazioni musive di giochi anfiteatrali fanno supporre che più musicisti associati in un’orchestra dovessero suonare in alcuni momenti ben precisi anche durante il combattimento. Le tubae erano al centro della cerimonia del Tubilustrium con la quale si inaugurava la stagione dedicata alle campagne militari attraverso una purificazione delle trombe sacre, che si svolgeva due volte l’anno, a marzo e a maggio.
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